Essere nel flusso: cosa significa e come favorire questo stato

Qualche settimana fa ho lanciato una nuova rubrica “L’alfabeto del coaching” per raccontarti il coaching attraverso l’uso di parole chiave che hanno un significato molto importante nel coaching.

In questo articolo ti parlerò di flusso (F).

Ti è mai capitato di sentirti talmente assorbito da quello che stavi facendo al punto da perdere completamente la cognizione del tempo? Quando ciò accade si dice “essere nel flusso”. In quel lasso di tempo i tuoi pensieri e le tue emozioni vengono canalizzate verso l’attività che stai svolgendo. Non c’è nessuna preoccupazione, ansia, noia, blocco che ti impedisce di essere presente e tirare fuori il meglio di te. Ti senti concentrato, vivo, appagato.


Cos’è il flusso?

Il flusso è un concetto introdotto per la prima volta nel 1975 da Mihaly Csikszentmihalyi, uno psicologo della Chicago University che ha raccolto nel corso di venti anni testimonianze di persone – creativi, artisti, scienziati, amministratori delegati, ecc – che hanno sperimentato questo stato.

Molte delle persone intervistate hanno dichiarato di sentirsi come trasportate da una corrente in uno stato positivo di felicità, lucidità, chiarezza, spontaneità e concentrazione.

David Goleman ne parla nel suo libro “Intelligenza emotiva” come uno stato di grazia, là dove l’eccellenza non richiede sforzo e si è totalmente assorbiti nell’attimo presente. Riuscire a entrare in questo stato è – secondo Goleman – la massima espressione dell’intelligenza emotiva intesa come il massimo livello di utilizzo funzionale delle emozioni al servizio di ciò che si sta facendo in un determinato momento. Nel flusso le emozioni sono incanalate, energizzate e in armonia con il compito a cui ci si sta dedicando.


Quando si entra nel flusso?

È un’esperienza che quasi tutti abbiamo provato di tanto in tanto. La sensazione che accompagna questo stato è di gioia spontanea e totale assorbimento.

La consapevolezza si fonde con le azioni, l’ego si fa da parte e ci abbandoniamo al flusso della vita spogliandoci delle preoccupazioni, delle ansie da prestazione, dei giudizi, del controllo. C’è il puro e semplice piacere del vivere il momento presente, di agire in modo spontaneo e di amare quello che si fa.


La mia esperienza con il flusso

Un’altra definizione interessante di flusso ce la fornisce Andrea Panatta nel suo libro “Istruzioni per maghi erranti”.

Il flusso è quella corrente di vita e di possibilità nella quale l’essere trova la massima intensità di esperienza, il massimo senso di coesione con la realtà, e molto spesso, la massima realizzazione. La sensazione è quella di essere nel posto giusto, al momento giusto, qualsiasi cosa stia accadendo.

Mi è piaciuta molto questa definizione perché la sento molto vicina a ciò che ho sperimentato personalmente. Spesso quando si parla di essere nel flusso (o come dicono gli americani “in the zone”) si pensa a sportivi, uomini o donne di successo che hanno raggiunto determinate performance o prestazioni superando i propri limiti personali. Non dico che per entrare nel flusso non ci voglia lavoro e impegno costante, anzi. Penso anche che tutti possono entrare in questo stato, indipendentemente dalla propria qualifica.

E ti dirò di più. Penso che tutti ci siamo entrati in alcuni momenti della nostra vita e magari neanche ce ne siamo resi conto.  Di tutti i ricordi più vividi che ho, quello che mi è tornato in mente come primo quando ho approfondito questo concetto, è stato il periodo in cui ho scritto la mia tesi di laurea.

Ogni giorno mi svegliavo prestissimo senza sveglia per lavorare alla tesi. Ho dedicato ore, giorni, mesi a leggere, studiare, fare interviste, scrivere, rivedere il lavoro. Ogni giorno avevo sempre la stessa concentrazione, voglia di fare, entusiasmo, piacere e focus. Non mi rendevo conto del trascorrere delle ore. Quella tesi non solo mi ha permesso di uscire dall’università con il massimo dei voti, ma mi ha aperto le porte di una nuova me.

Lo stesso accade quando sono in una sessione individuale o scrivo di temi legati alla crescita personale. Mi immergo totalmente e mi sento connessa al mio centro.

Me ne sono resa conto quando ho iniziato ad approfondire questi temi e ho capito quanto sia fondamentale stare nel flusso non solo nei momenti in cui è richiesta una determinata performance.

Il flusso non è fatto solo di cose belle, ma di tutto ciò che è utile all’essere per generare intensità e crescita. Spesso si tratta di rimuovere ogni resistenza che proviamo verso ciò che la vita ci pone davanti.


Come facciamo ad entrare nel flusso?

  1. Ci vuole disciplina e concentrazione. Ma non solo verso ciò che stiamo facendo. Ci vuole disciplina e osservazione consapevole per riconoscere chi guida la macchina. Occorre connetterci al nostro essere che non coincide con i nostri pensieri o le nostre emozioni. L’essere è la parte profonda e consapevole di noi che è costantemente connessa al qui e ora. I pensieri e le emozioni passano, l’essere rimane fermo, calmo, stabile, ancorato al suo centro.

Per arrivare all’essere occorre riconoscere e rimuovere tutti gli strati che abbiamo messo tra l’essere e ciò che pensiamo o crediamo di essere: tutte le proiezioni del nostro ego. Come dice Andrea Panatta, siamo in presenza di proiezioni dell’ego ogni volta che:

  • ci identifichiamo con un ruolo, o ci sentiamo migliori o peggiori di qualcuno
  • vogliamo dimostrare qualcosa a qualcuno
  • agiamo mossi dal bisogno di approvazione, di controllo, di sicurezza
  • giudichiamo contro gli altri o noi stessi
  • vediamo tutti e tutto prendendo come punto di riferimento le nostre esperienze passate oppure cerchiamo di prevedere e pianificare il futuro sulla base del passato
  • siamo privi di compassione verso gli altri o verso noi stessi
  • pensiamo o diciamo di aver capito qualcosa o di detenere una qualche forma di potere o verità
  • ci identifichiamo con pensieri turbolenti o emozioni sbilanciate
  • vogliamo avere ragione, avere la meglio, entrare in conflitto
  • resistiamo a ciò che la vita ci mette davanti
  • non ci assumiamo la responsabilità di ciò che accade e stiamo vivendo nella nostra realtà, e addossiamo la responsabilità all’esterno
  • proiettiamo all’esterno ciò che è in antagonismo con ciò che c’è dentro di noi
  • scegliamo l’attacco, il conflitto, il dolore invece della pace e dell’equanimità.

  1. Dare il massimo valore e attenzione possibile a ciò che stiamo vivendo nel momento presente, indipendentemente dalla situazione in cui ci troviamo. Come?
  • Amando ciò che c’è.
  • Scegliendo di essere in pace con tutto ciò che si presenta davanti a noi.
  • Lasciando andare ogni attaccamento, identificazione, avversione, resistenza.
  • Agendo in maniera ispirata, ovvero compiendo azioni ispirate dall’essere e non dall’ego.
  • Crescendo e sviluppando le proprie inclinazioni, doti e capacità.
  • Aprendoci a ciò che avviene fuori e dentro di noi.
  • Vivendo ogni esperienza consapevolmente.
  • Ascoltando la propria intuizione.
  • Seguendo un ideale: il proprio perché.
  • Rinunciando ad ogni attaccamento alla realizzazione del proprio ideale e alla certezza del risultato.

Connettendoci ad un livello del vivere più profondo iniziamo a notare segnali e coincidenze. Il segnale è uno stimolo che porta l’attenzione del nostro subconscio su una questione importante inerente al flusso e alla sua direzione. Non può essere compreso, può essere solo notato. I segnali e le coincidenze aumentano man a mano che aumenta l’intensità dell’essere e la connessione al momento presente. Quindi è necessaria una mente quieta e presente, un cuore aperto e un atteggiamento ricettivo di attesa piuttosto che di ricerca.

Quando i segnali e le sincronicità arrivano alla nostra attenzione in modo spontaneo allora vuol dire che siamo nel flusso.

Il presente esiste da prima che esistesse il tempo, e ci sarà quando il tempo non sarà più. In esso ci sono tutte le cose eterne, ed esse sono una cosa sola.

Il presente è la più vicina approssimazione dell’eternità che questo mondo offre.

Il tempo può liberare come imprigionare, a seconda di come lo interpreti…Vorresti distruggere la continuità del tempo spezzettandolo in passato, presente e futuro per i tuoi scopi. Vorresti prevedere il futuro sulla base della tua esperienza passata e pianificarlo di conseguenza. Ma, facendo così, allinei passato e futuro e non permetti al miracolo, che potrebbe intervenire tra loro, di liberarti per rinascere.

Se vuoi approfondire, ti consiglio di leggere il libro di Andrea Panatta “Istruzioni per maghi erranti” e il libro di Michael Singer “The Surrender Experiment” (disponibile al momento solo in inglese). Qui alcune frasi tratte dal suo libro che ho scelto di lasciare in inglese per preservarne il significato originale.

I had already learned time and again that it didn’t matter if I understood what was happening. It was sufficient to devote myself to the present moment and trust that the flow of life knew what it was doing.

My experiment with surrender had taught me to always be present in the current moment and do my best to not allow my personal preferences to make decisions for me. Instead, I allowed the reality of life to determine where I was going.

My formula for success was very simple: Do whatever is put in front of you with all your heart and soul without regard for personal results. Do the work as though it were given to you by the universe itself.


Per concludere

Condivido questa citazione di Carl Gustav Jung che trovo particolarmente adatta a questo post per descrivere metaforicamente ciò che accade quando si entra nel flusso:

È come se un fiume che si fosse perso in un braccio stagnante improvvisamente ritrovasse il suo letto e le sue acque tornassero a fluire, o come se si rimuovesse una pietra che soffoca un seme, cosicché il germoglio possa iniziare la sua crescita naturale.”

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Ti lascio con una domanda: “Cosa ti fa perdere il senso del tempo?”  Qui spiego perché questa domanda è potente.


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